Le praterie a Posidonia oceanica: una risorsa per il Mediterraneo

Dott. Giuseppe Di Carlo,

Ph.D. Research Student School of Ocean and Earth Sciences, Southampton Oceanography Centre

prateria posidonia ischia ponte con salpe

La prateria di Ischia Ponte – foto di Luca Tiberti

Il primo incontro dell’uomo con la Posidonia non è mai positivo, poiché avviene sulla spiaggia ricoperta da grossi ammassi di foglie cadute in decomposizione. Tuttavia, questi ammassi (chiamati banquettes) hanno una loro importanza ecologica in quanto proteggono la spiaggia dall’erosione causata del moto ondoso.

Il secondo incontro avviene con le formazioni rotondeggianti che si trovano in inverno, le “egagropili” (le cosiddette “palle di mare”). Queste sono formate dalla fibra della pianta che si aggrega ad opera delle onde.

Tuttavia prima ancora che questa pianta fosse studiata e sfruttata nel mare, essa già ricopriva un importanza commerciale notevole. Le foglie venivano infatti utilizzate come isolante per i tetti, per imballare oggetti fragili (da qui alga dei vetrai) e come lettiera per bestiame. Inoltre la Posidonia ha fatto parte della farmacologia popolare fino a qualche anno fa. Le foglie venivano infatti adoperate per curare irritazioni ed infiammazioni. Ancora oggi, in alcune regioni del Mediterraneo, le foglie di Posidonia sono utilizzate per preparare integratori alimentari per animali da allevamento.

Nonostante tutte queste applicazioni pratiche in campo commerciale, la Posidonia rimane una risorsa importantissima dei nostri mari, e per la salute dell’ambiente marino costiero, con una conseguente ricaduta sulle attività dell’uomo legate al mare, quale la pesca.

La Posidonia oceanica (L.) Delile è una fanerogama endemica del mar Mediterraneo, in quanto si trova soltanto lungo le coste di questo bacino.

Le fanerogame marine (dal greco phaneros=evidente e gamos=unione) sono piante superiori, proprio come gli alberi sulla terra, che hanno colonizzato il mare più di 30 milioni di anni fa.

Prima che il Mediterraneo divenisse proprio come ai giorni nostri, questo mare si chiamava mar di Thetys e la Posidonia presentava un’ area di colonizzazione più ampia (da qui il nome oceanica).

Questa specie fu descritta per la prima volta da Linneo, nel suo “Sistema naturae”, chiamandola Zostera oceanica. Nel 1813 lo studioso Delile la rinominò Posidonia oceanica.

Mentre questa specie (oceanica) si trova solo nel Mediterraneo, il genere Posidonia presenta una distribuzione bipolare, in quanto alcune specie “sorelle” si trovano lungo le coste dell’Australia.

egagropile

“matte”

Le fanerogame si distinguono dalle alghe in quanto producono organi specializzati per la riproduzione ben visibili e inoltre presentano la differenziazione in radici, fusto (o rizoma) e foglie.

I rizomi presentano la caratteristica di accrescersi sia in senso orizzontale (rizomi plagiotropi), che in senso verticale (rizomi ortotropi). I rizomi plagiotropi hanno la funzione di ancorare la pianta al substrato grazie alla presenza di radici sul lato inferiore. I rizomi ortotropi, invece, crescendo in altezza, contrastano il progressivo insabbiamento dovuto alla continua sedimentazione. Entrambi i due tipi di accrescimento sono all’origine della formazione della cosiddetta “matte”, tipica formazione a terrazzo costituita dall’intreccio di più strati di rizomi, radici, e dal sedimento intrappolato e compattato. La crescita in altezza della “matte”, che deriva dall’equilibrio tra accrescimento dei rizomi e accumulo dei sedimenti, è lenta (circa 1 cm per anno); se la sedimentazione è rapida la crescita delle “matte” aumenta leggermente.

La sedimentazione e quindi anche l’edificazione della “matte”, è influenzata dal moto ondoso e dalle correnti; come risultato dell’effetto di fasi costruttive e di fasi demolitive che sono alternate nel tempo, nel Mediterraneo sono state misurate “matte” con spessori di circa 6 metri!

Gli ecosistemi a Posidonia oceanica svolgono inoltre un ruolo fondamentale in processi ecologici e sedimentologici, dunque la protezione e la gestione delle praterie sono considerate di primaria importanza. Infatti la P. oceanica rappresenta la specie chiave dell’intero ecosistema costiero mediterraneo per la sua ampia distribuzione lungo le coste, per l’importanza della sua produzione primaria, per la ricchezza della flora e fauna associata, nonché per il ruolo che ha nel determinare l’equilibrio geomorfologico del litorale.

Infatti essa rappresenta uno degli ecosistemi marini più produttivi del Mediterraneo in quanto riesce a immagazzinare grande quantità di energia che viene trasferita nei vari livelli della catena trofica. La prateria produce anche grande quantità di ossigeno e di materia organica mediante la fotosintesi, offrendo riparo e nutrimento a molte specie marine.

Le praterie di P. oceanica svolgono anche un ruolo determinante nella protezione delle coste contro l’erosione. È stato calcolato che la distruzione di 1 metro di “matte” ad una distanza di circa 100 m dalla riva provocherebbe, a causa dell’idrodinamismo, l’arretramento della costa di almeno 20 m.

Infine essa rappresenta un’area di riproduzione ideale per innumerevoli organismi anche di notevole importanza economica. L’enorme quantità di tessuto vegetale disponibile consente lo sviluppo di popolamenti sia vegetali che animali che vivono associati alla prateria e concorrono all’instaurarsi di una complessa rete trofica (catena alimentare), altamente efficiente e produttiva, in grado di “esportare” energia anche verso altri sistemi. In questa rete trofica un ruolo fondamentale è svolto da tutti quegli organismi che vengono definiti “epifiti”, i quali si fissano sulla pianta stessa usandola come supporto. Le numerose specie presenti all’interno della prateria trovano in essa sia una importante fonte di cibo, sia un luogo ideale per la riproduzione e lo sviluppo.

La comunità animale si presenta qualitativamente e quantitativamente molto ricca: Spugne, Idroidi, Briozoi, Crostacei, Molluschi e Pesci, per citare soltanto alcuni gruppi che sono ben rappresentati all’interno della prateria.

Bisogna fare una distinzione però tra quella che è definita “fauna residente” e la “fauna migratoria”. Nel primo gruppo vengono compresi tutti quei organismi, che si trovano stabilmente insediati all’interno delle praterie. Ma la maggior parte della fauna presente in P. oceanica utilizza questa come “abitazione” come fonte di cibo, come rifugio dai predatori oppure come luogo adatto per la riproduzione e deposizione delle uova.

Quando si parla della fauna associata a P. oceanica, si possono distinguere gli organismi in: “sessili”, “vagili”, ed “infauna”.

Gli animali “sessili” vivono fissi su un determinato substrato (foglie, rizomi, sedimento).

Gli organismi “vagili” si spostano in continuazione (all’interno della prateria, nella colonna d’acqua ecc.).

Mentre quelli che vivono all’interno della “matte” costituiscono “l’infauna”.

Il popolamento ittico presente all’interno delle prateria di P. oceanica è ricco e ben diversificato. Infatti in questo ambiente trovano rifugio e nutrimento specie residenti, temporanee ed occasionali, in relazione al tempo che vi trascorrono nel corso della loro vita, oltre a forme giovanili di molte specie di importanza commerciale.

La famiglia di pesci maggiormente associata alla prateria è quella dei labridi, tra cui i più comuni sono il Coris julis (donzella), Symphodus tinca (Tordo pavone), Symphodus doderleini (Tordo fasciato), Labrus viridis (Tordo), Thalassoma pavo (donzella pavonina). Tra le specie residenti vi sono anche il Chromis chromis (catagnola), Murena helena (la murena comune) insieme a numerosi gobidi e blennidi. Per quanto riguarda le specie temporanee si possono trovare alcune specie di Mullus spp. (triglia), numerosi sparidi tra cui Oblada melanura (occhiata), Diplodus sargus (sarago), Dentex dentex (il dentice). Infine lo Sphyraena sphyraena (barracuda) è ormai presente in molte aree del Mediterraneo a causa dell’aumento della temperatura dell’acqua.

infiorescenza di Posidonia

“banquette” sulle rocce

Nell’ultima decade si è registrata una regressione delle praterie a fanerogame, dovuta sia a cause naturali che a cause antropiche. Poiché le praterie a Posidonia sono localizzate nella zona costiera, esse sono soggette ad impatti di tipo diretto come le attività di pesca a strascico che scalzano le piante mettendo a nudo il substrato; anche l’ancoraggio di barche da diporto può provocare seri danni alla prateria in zone fortemente sfruttate dal turismo da diporto.

Danni di tipo indiretto sono invece considerati l’eccessivo input di nutrienti, scarichi industriali, gabbie di allevamento ittico e fognature, che causano un lento ma costante declino della prateria.

Inoltre bisogna tenere in considerazione la crescente minaccia legata alla costruzione di infrastrutture costiere come oleodotti e gasdotti, dighe foranee di porti e barriere artificiali. Queste opere a mare creano un danno meccanico irreversibile, o modificano il regime idrodinamico con un conseguente soffocamento della pianta a causa dell’incremento della sedimentazione. Queste attività dunque hanno innescato il processo di regressione delle praterie a Posidonia oceanica, che sembra essere irreversibile.

Lo sforzo di pesca è sempre maggiore, e sempre più l’uomo sfrutta le risorse del mare per il suo fabbisogno. Tuttavia, una volta esaurite queste risorse saranno difficilmente rinnovabili, e l’uomo dovrà cercare fonti alternative.

La Posidonia fa parte di quelle risorse di cui l’uomo ha bisogno, ma allo stesso tempo rappresenta un ecosistema fragile, con tempi di recupero nell’ordine delle centinaia di anni.

Negli ultimi anni numerosi sono stati i tentativi di trapianto e riforestazione, ma tutti senza successo.

Dunque bisogna cercare di capire come possiamo utilizzare le risorse legate al mare senza danneggiare in modo definitivo l’ambiente marino ed in particolare quello costiero, tenendo presente che una volta distrutta la prateria, essa è persa per sempre.

foto di Archivio SZN – Laboratorio di Ecologia del Benthos – si ringrazia per la gentile concessione.

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